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Le associazioni trainano il Belpaese

29 Agosto 2013 | commenti

Le associazioni trainano il Belpaese

I dati Istat ritraggono il “non profit” come fondamento della tenuta economica e del sistema sociale del nostro Belpaese. Sono oltre 300mila (per l’Istat, esattamente 301.191 unità) le istituzioni non profit attive in Italia e coinvolgono un esercito di persone: 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 271mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei.

Lo dicono i risultati del censimento Istat sul non profit (2013): l’aumento si attesta sul 28% in dodici anni, rispetto alla precedente indagine del 2001. Ne fanno parte migliaia, anzi milioni, di italiani... una risorsa preziosa per il Paese. A oltre 12 anni dal primo censimento sul non profit (la raccolta dati è avvenuta tra il 10 settembre e il 20 dicembre 2012), sono stati presentati lo scorso luglio i primi risultati del “Censimento delle istituzioni non profit” condotto dall’Istat. Censimento che, nella volontà dell’Istituto nazionale di statistica, “intende fotografare tutte le sfaccettature di questo settore tanto importante per la tenuta economica e lo sviluppo sociale del Paese”.

La notizia non descrive tanto la generosità e il buon cuore degli italiani, sempre pronti a darsi da fare per il prossimo, ma è piuttosto espressione di una situazione nazionale in cui, a fronte di tagli pubblici e carenze sempre più elevati, molti servizi vengono ‘esternalizzati’ al terzo settore, che è divenuto l’ancora di salvezza in molti campi (per esempio, nel sociale e nella cultura), una leva e uno snodo nevralgico per la stessa economia del sistema-Paese.

“Che la macchina pubblica con i suoi ingranaggi burocratici esposti all’inefficienza, all’inefficia e alla corruzione debba dimagrire, è cosa scritta dovuta per chi voglia rispondere davvero ai bisogni e a chi non vuole più crescere a debito da scaricare sulle generazioni più giovani. Ciò che non è ammissibile è che si commenti questo dato di realtà dicendo che così emerge che il ruolo del settore della sussidiarietà e la sua crescita negli ultimi anni. Ma quale sussidiarietà? (…) Si è trattato di un’esternalizzazione quasi brutale dei servizi di pubblica utilità. Esternalizzazione brutale perché non accompagnata né da sperimentazioni adeguate, né da un credito capace di accompagnarne la crescita (anzi, il settore vanta crediti dalla PA per circa 7 miliardi!), né accompagnato da finanziamenti pubblici ridotti in 6 anni del 78%, né da alcun intervento legislativo che ci mettesse al pari di ciò che chiede l’Europa”, ha commentato Riccardo Bonacina, direttore del mensile “Vita” dedicato proprio al terzo settore (sul portale www.vita.it).

I dati parlano chiaro: “Il settore non profit rappresenta il 6,4 per cento delle unità economiche attive, con il 3,4 per cento degli addetti (dipendenti) in esse impiegati. In base all’analisi per attività economica il non profit costituisce la principale realtà produttiva del Paese nei settori dell’assistenza sociale (con 361 istituzioni non profit ogni 100 imprese) e delle attività culturali, sportive, di intrattenimento e divertimento (con 239 istituzioni non profit ogni 100 imprese). Inoltre il peso della componente non profit nell’assistenza sociale risulta rilevante anche in termini di occupazione: 418 addetti non profit ogni 100 addetti nelle imprese”.

Sono quattro istituzioni su cinque a usufruire del lavoro volontario, mentre il 13,9 per cento delle istituzioni rilevate nel censimento Istat ha personale dipendente e l’11,9 per cento conta su lavoratori esterni (con contratto di collaborazione). Rispetto al 2001, è raddoppiato infatti il numero di istituzioni (quasi 36mila enti) con lavoratori esterni. È cresciuto in modo consistente anche il numero delle istituzioni che utilizzano lavoratori temporanei (con un incremento del 48,1 per cento). Più contenuto, ma comunque positivo, è l’incremento delle istituzioni con addetti (+9,5 per cento) con una crescita del personale dipendente pari al 39,4 per cento rispetto al 2001. Infine le istituzioni che si avvalgono di volontari crescono del 10,6 per cento rispetto al 2001, registrando un aumento del 43,5 per cento del numero dei volontari.

Interessante è anche dare uno sguardo alla forma giuridica delle associazioni: si tratta di 201mila associazioni non riconosciute (prive di personalità giuridica e costituite tramite scrittura privata, pari al 66,7 per cento) e di 68mila associazioni riconosciute, ossia nate con atto pubblico riconosciuto dalla Stato e dotate di autonomia patrimoniale (22,7 per cento del totale considerato). Seguono 11mila cooperative sociali (3,7 per cento), seimila fondazioni (2,1 per cento) e 14mila restanti istituzioni non profit con altra forma giuridica (4,8 per cento), rappresentate principalmente da enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, comitati, società di mutuo soccorso, istituzioni sanitarie o educative. Da notare: in crescita, rispetto al 2001, sono le fondazioni e le cooperative sociali rispettivamente del 102,1 per cento e del 98,5 per cento).

La metà delle realtà non profit si concentra nel Nord Italia (157.197 unità) con una quasi equa distribuzione della restante parte tra Centro (64.677 unità pari al 21,5 per cento) e Sud italia (79.317 unità pari al 26,3 per cento). La Lombardia e il Veneto si confermano le regioni con la presenza più consistente di istituzioni, con quote rispettivamente pari al 15,3 per cento e al 9,6 per cento, seguono Piemonte (8,6 per cento), Emilia-Romagna (8,3 per cento), Toscana e Lazio (7,9 per cento). Interessante il dato sulla “distribuzione nazionale” dei volontari. In termini assoluti, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte raccolgono il numero più elevato di volontari (alludiamo a una cifra superiore alle 400mila unità di personale volontario).