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Cos’è la social innovation?

04 Maggio 2017 | commenti

Cos’è la social innovation?

In questo articolo esploriamo insieme le frontiere dell’innovazione sociale.

 

Quando si parla di innovazione, la mente si sposta subito in corrispondenza di quel processo che contemporaneamente crea, determina leadership o sconfitta e distrugge. È ciò che le aziende cercano di fare per essere le numero uno nel proprio mercato e quindi sbaragliare la concorrenza.

 

Ma cosa succede al termine “innovazione” se lo utilizziamo in ambito sociale? Robin Murray, Julie Caulier Grice e Geoff Mulgan danno una definizione di social innovation nel loro Libro bianco sull’innovazione sociale: “Definiamo innovazioni sociali le nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che soddisfano dei bisogni sociali (in modo più efficace delle alternative esistenti) e che allo stesso tempo creano nuove relazioni e nuove collaborazioni. In altre parole, innovazioni che sono buone per la società e che accrescono le possibilità di azione per la società stessa.”

La disponibilità dei prodotti che soddisfano i bisogni sociali oggi è scarsa, e né le grandi aziende private né le amministrazioni pubbliche ne garantiscono la produzione.

 

Ma quali sono questi bisogni sociali scarsamente soddisfatti? Eccone una breve lista:

·      risorse sprecate: prodotti vegetali scartati, consumo di suolo;

·      qualità dell’ambiente: salubrità dell’aria nei centri abitati, quantità di sostanze tossiche nei corsi d’acqua;

·      sanità: liste d’attesa troppo lunghe per visite importanti;

·      problematiche sociali: gestione del flusso di migranti e delle modalità di ospitalità, presenza di strutture adatte ad accogliere persone diversamente abili.

 

Il mercato della social innovation è in forte crescita: si stima che nel 2020 solo nel nostro Paese vi saranno destinati circa 30 miliardi di euro.

 

Quali sono gli esempi virtuosi di questo processo?

 

Sicuramente MBS Consulting di Andrea Rapaccini è un esempio da citare: è una società di consulenza che si rivolge sia alle aziende profit che agli enti non profit, e che aiuta ad introdurre e ottimizzare le pratiche sociali all’interno di queste realtà. L’obiettivo di questa azienda è quello di mostrare ai suoi clienti l’importanza di perseguire pratiche sociali oltre che concentrarsi sui profitti.

 

Altro progetto interessante è Banca Prossima di Marco Morganti, istituto che punta sull’erogazione di credito al terzo settore ma anche a soggetti pubblici o privati che vogliono realizzare progetti con valenza sociale: sono infatti la portata del progetto e il valore che si propone di generare in ambito sociale i criteri con cui si misura il merito creditizio.

 

Citiamo poi il Progetto Quid, cooperativa che ricicla i materiali scartati da aziende di moda e li utilizza per realizzare capi in edizione limitata, spesso su commissione di altre aziende che vogliono lanciare linee di abbigliamento ecosostenibili. La produzione dei capi è affidata a donne svantaggiate, quindi l’organizzazione genera valore sia in ambito ambientale che sociale.

 

Esistono poi dei cosiddetti Social Innovation Citizens: ad esempio Pietro Caramuta è un ricercatore che ha sviluppato un modello matematico-statistico per supportare le decisioni delle amministrazioni pubbliche e degli istituti di ricerca in ambito energetico e sostenere la loro pianificazione energetica a livello territoriale. Abbiamo poi Chiara Conti, giovane ragazza che ha creato un nuovo metodo di coltivazione “super-bio”, il quale permette di far crescere piante più salutari e sostenibili. Infine Giuseppe Liuzzi, fondatore del primo laboratorio di fabbricazione digitale in Basilicata che fa incontrare professionalità e bagagli culturali diversi nella filosofia dell’open source e dell’open hardware.

 

 

E tu sei interessato a diventare un Social Innovation Citizen o a perseguire progetti di innovazione sociale con la tua associazione? Faccelo sapere nei commenti!